Raggiungere Tessa Tognetti non è semplice: le sue giornate scorrono fitte di lavoro e famiglia, tra campi, una casa e tre figli. Eppure, quando si crea lo spazio per parlare con lei del suo lavoro, quello che traspare è passione, determinazione, volontà di produrre nel rispetto della natura, degli animali e di ogni individuo, valorizzandoli al massimo delle loro qualità.
A Sant’Antonino, sul Piano di Magadino, nel cuore agricolo ticinese, Tessa – insieme al marito – guida oggi Colombera, l’azienda di famiglia che, sotto la gestione dei genitori, fu tra le prime in Ticino a ottenere la certificazione biologica. Con il suo arrivo, Tessa ha scelto di avvicinarsi alla visione biodinamica per approfondire un rapporto più spirituale con la natura, sempre mantenendo la certificazione biologica.
Pur essendo nata e cresciuta nella fattoria di famiglia, in mezzo agli animali e ai ritmi della vita contadina, da bambina Tessa immaginava un futuro lontano da casa. Si vedeva girare il mondo, magari con la Croce Rossa, pronta a «fare grandi cose» in luoghi remoti. Di una cosa era certa: non sarebbe mai diventata contadina.
Eppure, la vita – e qualche estate passata in alpeggio a fare formaggio con sua madre mentre il padre era al piano per la fienagione – le hanno insegnato che anche restare può essere un atto rivoluzionario.
Il percorso che l'ha riportata a Sant'Antonino è passato attraverso studi di storia contemporanea e antropologia, un Erasmus in Spagna e un Master a Friburgo. Parallelamente, l’ultimo anno di università l'ha vista frequentare il Centro professionale del verde di Mezzana, scuola di riferimento in Ticino per la formazione agricola e agroalimentare. Un doppio binario – teoria e pratica – che ha trovato un punto d’incontro decisivo proprio tra le mani sporche di latte e l’odore del fuoco acceso in alpe.
La fattoria produce latte e formaggi di mucca, capra e pecora, cereali come mais da polenta, frumento panificabile, spelta, soia alimentare e grano saraceno, oltre a gelati, sorbetti, ravioli e salumi. Ogni prodotto nasce da un’attenzione estrema alle materie prime, al rispetto dell’ambiente e a ridurre gli sprechi: se la ricotta è troppa, diventa ripieno per i ravioli; se la frutta è abbondante, si trasforma in sorbetto.
Alla Colombera ogni scelta produttiva risponde a una logica di economia circolare: quello che non mangiano le capre – le «principessine» della fattoria – va alle mucche, ciò che avanza dalle mucche arriva all’asino o al maiale, e il siero del caseificio diventa nutrimento anziché scarto. La biodiversità si tutela con siepi, boschetti e biotopi, e il lavoro si misura più in cicli che in bilanci trimestrali.
Il lavoro della Colombera non si limita a produrre: accoglie. Da anni persone con disabilità lavorano stabilmente in fattoria, e studenti delle scuole speciali fanno stage in vendita o in stalla. La fattoria diventa così un luogo di inclusione, dove ognuno contribuisce secondo le proprie possibilità.
Lo spirito solidale di Tessa e la gentilezza con cui vive la sua quotidianità affondano le radici nei valori trasmessi dai genitori Mario e Angela, che le hanno insegnato a prendersi cura delle «creature più fragili e vulnerabili, siano esse persone o animali».
La Colombera non è solo una fattoria, è una storia di famiglia. Tessa ha 3 sorelle e un fratello, ma lei è l’unica ad aver intrapreso la strada agricola, anche se, come racconta, i fratelli l’hanno sempre sostenuta e aiutata nel suo intento, pur non abbandonando le loro professioni.
Con i genitori, ancora presenti ad accompagnarla nel suo percorso, ha un rapporto simbiotico e il passaggio di testimone tra loro e la figlia è stato naturale, ma tutt’ora prendono le sue decisioni con cautela. «Con mia madre – racconta - ho più scambi concettuali e filosofici, questo nutre una parte importante di me legata anche ai miei studi. Mentre a mio padre devo le ore passate a lavorare vicini tra ironia e pazienza infinita, come pure silenzi che calmano gli animi. Impagabile sensazione per una persona sensibile come me. Questo non vuol dire che a volte non ci siano momenti difficili nel passaggio generazionale, anzi, perché ognuno ha sensibilità diverse e queste vengono manifestate in modi non sempre facili.
Quando Tessa parla dei suoi genitori è chiara l’immensa gratitudine che ha per loro e la stima sconfinata. Un sentimento che rafforza il suo voler fare le cose al meglio: «Fare più dei miei genitori mi sembra impossibile immaginarlo. Farlo diverso invece ci riesco. Ecco perché mi concentro sul fare le cose alla mia misura: sto provando a rallentare alcune cose, inserire nuove regole aziendali, responsabilizzare il team, il tutto con lo scopo di avere più tempo da dedicare alla famiglia, che è il mio ossigeno. Ma è molto difficile. I bisogni della fattoria sono infiniti.»
Tessa non nasconde le difficoltà fisiche del mestiere, essendo donna, ma rifiuta l’idea che questo significhi «valere meno». Per lei conta riconoscere i propri limiti – come una gravidanza o un periodo di riposo – e al tempo stesso valorizzare le caratteristiche uniche che ciascuno porta, uomo o donna che sia. «Si lavora tantissimo, soprattutto con gli animali, 365 giorni l’anno, ma la libertà che posso prendermi per stare con i miei figli non è da tutti. E di questo mi sento fortunatissima».
Il suo auspicio per il futuro è di riuscire nell’intento di non essere schiacciata dal troppo lavoro come ancora oggi succede troppo spesso.
Quella di Tessa, dunque, è una storia di famiglia e di un territorio che vede le nuove generazioni attente al passato, ma con lo sguardo proiettato al futuro, forti e consapevoli delle proprie radici.
Perché è in queste scelte quotidiane, nei gesti piccoli ma costanti, che si costruisce un cibo davvero buono, pulito e giusto: quello che nasce da mani che conoscono la terra e da occhi che sanno guardarla, anche con l’anima. In modo autentico, pensando alla condivisione e alla collaborazione.
In un’epoca in cui produrre tanto e in modo impersonale spesso è l’obiettivo, il mondo agroalimentare e gastronomico ci insegnano che l’autenticità è ciò che paga: non si può produrre un buon prodotto se non si condividono principi fondamentali di rispetto verso l’altro e verso l’ambiente. E, soprattutto, amore per il proprio territorio.
Testo: Alice Tognacci
Foto: Alessia Rauseo